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Vigneto biologico, un’attitudine o una testardaggine?

Lavorare un vigneto biologico è una sfida continua, resa ancora più ardua dai cambiamenti climatici in corso. Le condizioni meteorologiche imprevedibili e gli estremi di temperature e pioggia stanno creando un ambiente favorevole per lo sviluppo di nuove malattie della vite, rendendo la gestione del vigneto sempre più complessa.


Ho sempre considerato che essere biologici fosse un’attitudine mentale, non una scelta commerciale, infatti in etichetta ho deciso di non indicare la fogliolina pittogramma simbolo del biologico.

Perché il mio motto è da sempre “fare, non apparire”, per cultura e per tradizione.


Come produttori biologici, siamo impegnati quotidianamente a mantenere metodi di coltivazione sostenibili e rispettosi delle persone in primis e dell’ambiente.



Tuttavia, le difficoltà sono molteplici: dall’aumento delle piogge che favoriscono funghi e muffe, alle ondate di calore che stressano le piante, ogni giorno è una lotta per garantire la qualità e la salute delle nostre viti senza ricorrere a trattamenti chimici.


Nonostante queste sfide, rimaniamo fedeli ai nostri valori, ai nostri impegni verso le persone e l’ambiente e alla nostra tradizione.

La passione per il nostro lavoro ci spinge a cercare continuamente nuove soluzioni e tecniche per affrontare i problemi legati al climate change, garantendo sempre l’eccellenza dei nostri vini.



Questo in foto è uno dei vigneti più vocati per la produzione dell’Amarone di pregio, qui da sempre vengono prodotte le uve autoctone della DOC Valpolicella destinate all’appassimento.


Grazie ad una combinazione unica quale altitudine, ventilazione, esposizione a sud, composizione di origine vulcanica del suolo, apertura della valle da sud a nord, microclima influenzato dal Lago di Garda e dall’Adriatico questi vigneti sono sempre stati altamente performanti nell’eccellenza dell’aromaticita’ della buccia e nel grado babo della polpa.



Oggi con grande angoscia nel cuore siamo pronti ad un’altra stagione “di magra” dove, nonostante i grandi sforzi lavorativi ed economici, il raccolto sarà molto penurioso.


Lavorare la natura, raccoglierne i frutti, condividere con tutto il mondo il prodotto del nostro lavoro e' un mestiere antico bello e straordinario.


Tuttavia quanta ansia, quanta paura di non farcela.

Da sempre, nella storia dell’umanità, l’agricoltore è appeso al cielo con un filo.



Sara' un altro anno difficile, il tempo e la peronospora hanno colpito duramente, l'uva non sarà molta ed oramai sappiamo gia’ che la nostra annata del 2024 sarà chiusa in negativo.


L’appello è per tutti gli stakeholders del nostro mondo: perché la ricerca continui a studiare metodi alternativi all’uso massivo della chimica, affinché il mercato capisca il grande sforzo che l’ agricoltura sta mettendo in atto per garantire il prodotto e riesca a supportarci economicamente per il bene comune.


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